Carillon

carillon

di Salvatore Sanna

Ubi lates, ninfa bella? Perché il presente volumetto si intitola Carillon? Per la sua piccolezza, innanzitutto. E poi per il vivo, estremistico gusto dell’antico, dell’arcaico, del grazioso, del retrò, dell’orecchiabile, diciamo anche dell’ingenuo, che vi si dispiega, tanto nei versi quanto nelle prose. Tal quale in una musichetta di carillon. L’autore sa bene che il mondo intorno a lui ha altri gusti, come gli disse un eminente critico cui sottopose in lettura i propri testi (ma soggiungendogli: lei segua la sua vena); però si è domandato: cos’è il mondo riferito a un libro? Qual è, propriamente? Quello dei critici e letterati o quello dei lettori? E i lettori, quelli anonimi, che fanno la vita di un libro, non potrebbero forse gradire una musica non volgare ma cadenzata e orecchiabile, piuttosto che la quartettistica intenzionalmente ardua e difficile più in voga tra le pubblicazioni odierne? Che volete? Lo confesso. Sono al mio esordio letterario – benché mi ritrovi ormai quasi vecchio – e avrei caro, semplicemente, di essere letto. Anche le Note Critiche, che chiudono il libretto, giudicate da un illustre studioso, oggi defunto, indovinate abbastanza nel taglio, ma assai modeste nel contenuto (ma erano, in origine, un compito di scuola!), non ritengo, proprio per questo, che stonino, malgrado la loro diversità formale, se collocate insieme con gli altri miei scampoli. Idee un po’ scontate, da repertorio? Formule un po’ usate? Accenti non peregrini? Banalità, persino? D’accordo, ma come nelle musichette del Carillon…


Anno di Pubblicazione: 2013

Formato: 160 × 240
Prezzo: 19,00 €
Pagine: 64
ISBN: 9788897591160
Salvatore Sanna è nato nel 1951 a Calangianus in Gallura, la zona definita più evoluta della Sardegna; è un illustre sconosciuto che spera di vendere qualche copia del libro; vive da 60 anni a Genova, dove si è laureato in Lettere Classiche superando mille contestazioni da parte dei suoi professori, allarmati dal suo spirito carillonesco, che già da allora dava vistosissime prove di sé. Ha vinto qualche piccolo premio letterario nei primi anni del duemila. Respinto, per molti anni, da tutti gli editori e direttori di riviste, da un paio d’anni finalmente collabora alla rivista «Il Bandolo» di Palermo, per gentile concessione del direttore, prof. Gianfranco Consiglio, al quale invia, da par suo, sonetti, sonetti caudati e sonettesse. Ogni estate torna in Sardegna, per rinfrescare la sua vena all’aria lieve e marina della sua isola.


In poco più di sessanta piccole pagine Salvatore Sanna, sardo trapiantato a Genova, riesce a mettere una Prefazione, dei sonetti, dei versi liberi, un Dialogo Teatrale, il Monologo della sera e venti Note critiche.
Il lettore all’inizio è un po’ disorientato nel trovarsi dinanzi a linguaggi diversi, ed ha un attimo di esitazione nel seguire il fuoco d’artificio, come altrimenti chiamarlo, a cui Salvatore Sanna ci fa assistere. Già, è proprio come vivere, si entra in “un ideale di profili voluttuosi / da inseguire” .
Apprendo che Sanna è laureato in lettere classiche e quindi si è educato alla voce dei grandi del passato, greci e latini, e questo gli ha dato quelle certezze, perfino tecniche, che adesso affiorano nelle pagine del libro e pretendono ascolto. Dico giustamente, perché si tratta di scritti che hanno da dire, hanno da comunicare messaggi alti e non di pure e semplici annotazioni, di giochi letterari.
Si sente che Sanna ha un suo mondo ricco e inquieto, e si sente che per lui la poesia ha il  timbro della divinità, non è mai semplice veicolazione di idee e di sensazioni, ma grande emozione capace di saper cogliere essenze e fluidi umani che altrimenti si sarebbero perduti nel magma incandescente del nulla.
Anche nei metastasiani egli sa immettere quel fluido magico che capta musica e senso di  momenti particolari che permettono al poeta di entrare nelle atmosfere per acciuffarne il segreto.
Il tutto con voce ferma e rigore classico che io reputo un dono di non poco conto.
Dante Maffia

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