La poesia e i pensieri

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L'opera di Fabio Doplicher un decennio dopo
Interventi Critici raccolti da Sergio Doplicher e Valeria Rossella

Fabio Doplicher, nato a Trieste nel 1938 e vissuto a Roma dal 1954 al 2001, è scomparso a Torino nel 2003. Poeta e drammaturgo, è stato autore di testi radiofonici e televisivi, ha collaborato alla Rai, soprattutto con programmi  sulla  poesia.  Ha  fondato e diretto la rivista “Stilb” spettacolo-scrittura-spazio e le relative edizioni nei “Quaderni”. Ha curato cicli di letture critiche di poesia e convegni, la manifestazione “Poesia della metamorfosi” (1982) e l’omonimo Centro Internazionale, alla cui fondazione ha contribuito con manifesti e programmi. Col C.T.M.  ha realizzato per tre anni   “Il teatro dei poeti a Roma”. Ha collaborato con saggi critici e recensioni a numerose riviste italiane e straniere e ad alcuni giornali. Ha svolto per sedici anni il ruolo di critico teatrale per la rivista  “Sipario”.

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Per significata per litteram

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di Antonio Soro

Per significata per litteram è un piccolo trattato, di profilo esegetico, sui quattro sensi della Divina Commedia. Specificato cosa Dante intendesse per “senso”, nella quadripartizione dei teologi considerata dal poeta rimane l’interrogativo sulla natura dell’ultimo di essi – quello anagogico – comunicato, come si legge nell’Epistola a Cangrande «per mezzo delle cose significate dalla lettera» (Enzo Cecchini). L’autore si propone di dimostrare che il quarto senso […] ha in realtà la sua più congruente e sbalorditiva interpreta- zione non già evocando arcani o fascinose dottrine occulte, bensì rapportandosi incessantemente al filone ermeneuti- co della grande filologia dantesca che va da Erich Auerbach a Charles Singleton e poi ancora a Umberto Eco. Percorrendo fino in fondo questo sentiero canonico, la Commedia si svela in una prospettiva fino a ieri impensabile, foriera di ulteriori possibili sviluppi di ricerca. Lo stesso Convivio tradisce un’ingannevole struttura che, con l’espediente di una ricercata stranezza, ha in realtà lo scopo pedagogico di guidare il lettore a un’interpretazione mistica appena suggerita, in modo da non urtare, con essa, un Magistero che il cristiano Dante riconosce come infallibile.

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Gualtiero Fabbri pioniere sommerso del cinema, tra pellicola e digitale

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a cura di Rino Caputo e Mirella Zecchini Busetto

Quando Walter Benjamin, nel suo profetico contributo poi racchiuso nell’aureo libretto dell’Opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, del 1936, indica in Si gira! di Luigi Pirandello il documento più perspicuo e convincente della trasformazione della fruizione dell’arte nella società industrializzata e massificata del primissimo Novecento, non immaginava, certo, che la sua acquisizione teorica potesse essere suffragata da prove empiriche, coeve all’osservazione pirandelliana e a loro modo autonomamente complanari. Al Cinematografo di Gualtiero Fabbri s’impone, appunto, come la prova effettiva del processo avviato da pochi ‘pionieri sommersi’ e, poi, invece, sempre più esplicitamente sviluppatosi in modo seriale e industriale, con un crescendo tecnologico che raggiunge, oggi, le arditezze digitali dell’altissima definizione e della visione tridimensionale.

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L'aspra verità di Muscetta

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di Pietro Milone

Questo saggio ripercorre alcuni momenti dell’opera di Carlo Muscetta, uno dei principali e multiformi protagonisti della scena culturale e politica italiana del secondo Novecento: giovanissimo critico di formazione desanctisiana; trentenne collaboratore della rivista «Primato»; intellettuale antifascista, polemista, critico militante della sinistra comunista dal dopoguerra al ’68; docente e studioso che negli anni Settanta aggiornò e affinò la propria proposta critico-metodologica; poeta che affiancò e sostituì il critico, prima dell’ottuagenario memorialista e autobiografo dell’Erranza. Il saggio si sofferma sulla questione della «dissimulazione onesta» che fu centrale per Muscetta e un’intera generazione d’intellettuali vissuti sotto il fascismo; e che si ripropone periodicamente nel rapporto col potere degli scrittori (come quel Leonardo Sciascia che, al riguardo, costituisce, nella critica di Muscetta, una sorta di cartina al tornasole del donchisciottesco coraggio contrapposto al «sistema di don Abbondio»). Mediante gli scritti di Muscetta (anche quelli creativi, poco noti) e importanti documenti e riscontri inediti, si svela qui, se così si può dire, il segreto del Gatto Lupesco (alter ego di Muscetta): la poesia non si addomestica, esclude l’asservimento dei chierici, la santificazione rituale della «militanza» da parte del potere e di tanti critici-Ciappelletto.

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Pyrandello. La nozione del tempo nelle opere di Luigi Pirandello

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di Dimitra Giannara

“Il mio nome è Pyrangelo, angelo del fuoco”. Così si presenta Luigi Pirandello in occasione di un’intervista allo scrittore greco Kòstas Uranis. Il Siciliano rivela le origini elleniche del proprio cognome e si lascia riconoscere come messaggero angelico, innato portavoce del Caos della sua madre terra siciliana ed annunciatore di antichi miti prometeici.
Con le chiavi di lettura offerte dall’affinità delle due civiltà, questo libro indaga le opere pirandelliane nella primaria contraddizione tra tempo interiore e tempo della storia insieme alla calda intuizione del kairós. Constatazioni umoristiche, reazioni febbrili, una vita condensata in istanti, un futuro cementato nel presente, tutto rompe per sempre il continuum temporale del discorso narratio, e non solo. I protagonisti pirandelliani si seguono nelle loro travagliate vicende mentre sperimentano tutti i modi possibili per partecipare in pieno al loro presente: girano e rigirano nell’anello moebiusiano qui riscoperto per la sua qualità narrativa; riordinano – quando riescono – azioni e propositi su quel restrittivo in medias res ovidiano qui ridiscusso per le sue connotazioni pragmatistiche; osservano con compassione Dio, l’altro e l’altro sé e scoppiano a ridere, in un momento improvviso che l’orologio non distingue dagli altri.
Pirandello rinnova e amplia la nozione del realismo stesso poiché riesce ad agganciare tranquillamente i suoi inetti protagonisti alla storia, alla realtà nonché alla politica, tutto accanto al “terzo mondo” popperiano disseminato da miti, favole e leggende. Nessuna contraddizione, dal momento che sono tutti prodotti dello stesso fango di cui è fatto l’uomo.

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